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Villalago è stato tradizionalmente un paese legato all'agricoltura ed all'artigianato. Il secondo dopoguerra, però ha praticamente cancellato questa impostazione, per i motivi meglio spiegati nella sezione relativa alla storia del paese. Attualmente il quadro economico è il seguente:
La struttura economica di Villalago, fino alla seconda Guerra Mondiale,
basata sul tandem agricoltura - artigianato, ha sortito un effetto perverso
anche sull'economia della fine del ventesimo secolo, specialmente se facciamo
un confronto con la vicina Scanno. Perchè ? Abbiamo già analizzato, nella
sezione riguardante la storia e nella presente, che l'agricoltura non aveva
assolutamente un potenziale tale da sostenere lo sviluppo dagli anni '50 in
poi. Il valore dei terreni, da un punto di vista di dimensioni e di
produttività, era basso. L'artigianato, pur essendo di qualità, non fu
valorizzato e non decollò, a causa della scarsa circolazione della valuta.
A Scanno, invece, oltre alle altre realtà, tra le quali in turismo che, prima
della 1940, registrava la presenza di alcuni alberghi, aveva una grandissima
risorsa nella pastorizia transumante.
Guardando le cose dal lato macroeconomico, prima della guerra, mentre
Villalago aveva un'economia costituita per il 90% di lavoro e 10% di
capitale, Scanno l'aveva costituita per il 60% di lavoro e 40% capitale.
Questa disparità, fece la differenza nel dopoguerra, quando entrambi i paesi
si spopolarono; a Scanno, rimase un capitale tale da consentirgli di
conservare e sviluppare l'aspetto turistico che aveva già fatto capolino.
Scanno, successivamente, costituì sempre un modello da seguire, senza
considerare le differenze sostanziali fra i due paesi. La sterile rincorsa al
turismo a tutti i costi, finì ideologicamente quando si puntò sulla zona
artigianale e sulla centrale idroelettrica. Villalago non può rinnegare il
suo passato artigiano ed il suo futuro può essere nell'artigianato e
nell'industria. Le condizioni per un decollo potrebbero realmente crearsi se
venisse risolto il "nodo" stradale di Anversa degli Abruzzi. Villalago ha una
posizione ottima, vicinissima all'autostrada, e con aree di sviluppo
potenziale che nessun paese vicino può contrapporre; manca solo una viabilità
decente che non scoraggi l'imprenditore che volesse investire nella nostra
zona. Bisogna, comunque, sottolineare che il capitale da investire deve
sempre arrivare da fuori, almeno per imprese di una certa consistenza, ma non
è un neo, nè un bubbone da nascondere. Lo sviluppo industriale del nord Italia,
negli ultimi decenni dell' '800, è stato avviato grazie all'investimento di
capitali esteri (francesi prima, tedeschi poi) ed alle commesse pubbliche.
Ai villalaghesi rimane il non facile compito di creare le condizioni perchè
questi investimenti arrivino e che, seppur con i tempi fisiologicamente
necessari, riescano a dare un impulso e stimolo alle capacità imprenditoriali
locali, in maniera da avere, in avvenire, un tessuto economico artigianato -
industriale capace di autoalimentarsi.
Ed il turismo? Non si può abbandonare un settore così importante.
Il territorio di Villalago è un capitale da spendere con un turismo a misura
d'uomo, praticato da chi ama la natura e, principalmente, la rispetta.
In Abruzzo, c'è un modello del genere da seguire: Civitella Alfedena.
Sarebbe turismo tutto l'anno e non due mesi all'anno. Se Villalago avesse 10
alberghi, nel mese di agosto li riempirebbe tutti; e gli altri mesi?
Gli operatori ed i lavoratori del settore, cosa farebbero durante gli altri
11 mesi? Questo è il turismo di massa, periodico. Il turismo che sarebbe più
confacente a Villalago è quello di 3 alberghi che lavorano tutto l'anno,
creando i posti di lavoro di cui si avrebbe tanto bisogno.
Del resto, i nostri amministratori non potevano fare molto. Villalago ha
subito la stessa sorte di tutto il centro - sud, incentivato allo sviluppo
dalla Cassa per il Mezzogiorno, in modo da costruire grandissime realtà
industriali, in alcuni punti geografici ed i alcuni settori dell'economia,
definiti strategici, poi regolarmente andati in crisi (si pensi ai poli
siderurgici di Taranto e Bagnoli), invece di fornire i capitali per
incentivare e stimolare l'imprenditoria privata (il modello marchigiano
stava fiorendo proprio negli anni '60). Probabilmente, così l'artigianato
sarebbe diventato l'elemento trainante dell'economia locale, trasformandosi,
magari, anche in piccola e media industria ed una parte dell'emigrazione
sarebbe stata scongiurata.
Purtroppo, il processo è in ritardo di 50 anni, la storia non si fa con i
"ma" ed i "se", ed i danni provocati non saranno facilmente sanabili.
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